EgoTrip

Tuesday, December 26, 2006

anche quest'anno affido al talento pazzesko i miei svogliati e ritardati auguri.




sono in pieno trasloco verso una precarieta' piu' precaria e devo riconoscere che prendo la cosa abbastanza bene. se non fosse per il fatto di dover impacchettare e trasportare pesanti valige di qua e di la', sarebbe una festa con tanto cava catalana a sbattezzare il luogo che e' stato la mia casa barcellonese per un anno circa.

ma poi, davvero sono solo le valige? (e soprattutto, si scrive valige o valigie?)


il fine ultimo della vita del saggio e' quello di non aver bisogno di niente e pure di nessuno, credo lo dicano i monaci zen e altri saggi manichei della stessa risma... e' una regola che da anni cerco di fare mia, con notevole insuccesso e lacrime di rabbia ogni volta che mi capita di perdermi qualche pezzo per strada.

a sto giro pero' non piango.
tra le valige e la fatica del lavoro e un desiderio che ormai mi sconvolge gli ormoni davvero non ho la forza di stare a recriminare e a dare capocciate nel muro.

una sorella non ti lascia mai del tutto, diceva un poeta di centocelle.
Vysotsky invece sosteneva:
torna tutto, tranne i migliori amici e le donne piu' amate, quelle adorabili, le piu' fedeli.
(ho confuso in un primo tempo sto russo con Boris Vian, in quanto entrambi appartenenti al mio periodo antimilitarista giovanile)




e oggi io, che non sono nessuno e che a volte non sostengo nemmeno il mio proprio sguardo, con gli occhi stretti e il cuore che e' un sassolino
mi ritrovo sorridendo a confidare nel prossimo giro...

Tuesday, December 12, 2006

un, due, tre... e' morto Pinochet

insomma, non e' vero che l'erba cattiva non muore mai...
e anche che la giustizia non sia di questo mondo non e' solo un modo di dire...

pero' queste due che scappano dandosi la mano mi evocano un sacco di corse col battito del cuore a mille
e quel cuore era il mio.
quindi, alla faccia di quel cornuto di Pinochet, guardando questa foto come al solito empatizzo e ritorno ai cazzi miei pendenti.

perche' quando mi capitava di trovarmi in situazioni del genere, di tensione a mille, con le gambe in spalla tra lacrimogeni e sassate...
davo veramente di matto se qualcuno o qualcuna mi prendeva per mano, sebbene mi considerassi sempre quella debole, che evidentemente si impanicava, che smetteva di parlare e quasi sempre poi piangeva (di rabbia, ma in quei momenti queste sottigliezze non si notano).

il ricordo appannato di una sensazione di stizza (lasciami la mano che vado da sola) funziona anche come metafora del tempo presente, nel quale rifuggo le battaglie campali e se sento puzza di bruciato faccio un giro piu' largo, torno a casa, mi faccio una bella camomilla e mi guardo bene anche dall'accendere la televisione...
eppure continuo a trovare estremamente difficile tenere per mano qualcuno o qualcuna per piu' di 5 passi, fosse pure per fendere la folla consumista impazzita di Portal de l'angel.



avevo talmente tanta paura che dovevo essere concentrata in tutto e per tutto su di me. e gia' era tanto.

non cadere
cerca una via d'uscita
respira piano, pero' respira
guardati intorno con tutte le diottrie che ti mancano
...e tu lasciami sta cazzo di mano, che mi fai inciampare

ce la faccio benissimo da sola



in questi momenti mi viene il dubbio che la mano che cercava la mia per rassicurarmi e portarmi in salvo in fretta, avesse quanto e piu' bisogno di me della sensazione di aiutarmi.

e - questa fra tante - e' una delle soddisfazioni che non gli ho mai dato.